Basicnet trainata dall’export, utili netti verso il raddoppio

Leapfrogging, una delle molte parole inglesi composte praticamente intraducibili nella nostra e in altre lingue. O meglio, per tradurla serve un’intera frase: fare un balzo in avanti simile a quelli che solo le rane (e forse i canguri) sono capaci di fare. Per indicare un’azienda che corre veloce, con ricavi e utili in forte crescita, si parla spesso di lepri. Nel caso di BasicNet, quotata alla Borsa di Milano, è più adatta l’espressione inglese: nel primo semestre 2018 le vendite sono salite “solo” del 7%, sfiorando i 400 milioni di euro, ma l’utile netto consolidato ha fatto un balzo dell’87%, arrivando a 6,5 milioni.

Da record anche gli altri due indici di redditività, ebit (+88,5% a 10,1 milioni) ed ebitda (+54,9% a 13,1 milioni). L’unica altra azienda quotata che nel periodo gennaio-giugno ha avuto un andamento simile è Gucci, che ha trainato i conti della controllante Kering. Ma il confronto è un po’ forzato: BasicNet ha in portafoglio, tra gli altri, Superga, K-Way, Kappa e Sebago, tutti marchi del segmento casualwear e sportswear. Gucci è un brand di alta gamma e appartiene al secondo gruppo del lusso al mondo. Tra i suoi “compagni di portafoglio” ci sono Bottega Veneta, Saint Laurent e Pomellato. E comunque, come Gucci nessuno mai: nel primo semestre l’utile della maison è salito del 62% a 1,47 miliardi, i ricavi sono cresciuti del 44,1% a 3,8 miliardi, traguardo che fa di Gucci il terzo brand globale del lusso dopo Louis Vuitton e Chanel.

Gianni Crespi, amministratore delegato di BasicNet, è il primo a non voler fare paragoni con l’alto di gamma. E preferisce non usare il termine moda: «Marco Boglione, fondatore e presidente del gruppo, se lo ripete e ce lo ripete ogni giorno. Non dobbiamo dimenticare che il nostro mondo è il casualwear e lo sportswear. I legami con l’industria del fashion e i suoi protagonisti esistono e negli ultimi anni si sono intensificati. Se però perdiamo di vista il Dna, le fonti che ispirano e danno un senso a Superga, K-Way, Kappa e all’ultimo arrivato, Sebago, non abbiamo futuro».

Ben venga la razionalità, ma un semestre come quello appena archiviato da BasicNet qualche brivido potrebbe darlo: «È un momento magico per il gruppo. I fattori esterni non sono mai stati tanto favorevoli – ammette Crespi –. Il mondo intero ha abbracciato un modo di vestire più rilassato e le giovani generazioni non parlano che di streetwear. Gli oggetti del desiderio sono i capi e gli accessori che richiamano quel mondo, a sua volta legato a doppio filo alla musica e a rapperyoutuber, trapper e… sicuramente dimentico qualcosa, non sono un Millennial (ride)». L’ad di BasicNet però ricorda a se stesso che a volte non bastano le condizioni esterne, che potremmo anche chiamare fortuna. «È successo in passato, a noi e ad altre aziende e marchi, di non vedere arrivare una macro tendenza o di non essere preparati a coglierla – sottolinea Crespi –. Il rischio è adattare strutture produttive e distributive in modo affrettato, senza una vera strategia se non quella di soddisfare la domanda del momento. Noi abbiamo colto il desiderio dei consumatori e dedicato ogni energia a rendere il nostro casual e streetwear sempre più appetibile e originale. Più che di fortuna parlerei di tempismo». C’è poi un’altra spiegazione del momento magico di BasicNet: anche in anni difficili, l’azienda ha continuato a investire in ricerca&sviluppo e non ha mai messo in discussione il modello “leggero” ideato da Boglione, basato su un sistema di licenziatari per la produzione e la distribuzione dei marchi messi, in rete grazie a investimenti in piattaforme informatiche che sono da sempre la passione e fissazione del fondatore.

«Alcuni pilastri della strategia e della filosofia aziendale non hanno bisogno di revisione, come appunto la conoscenza del Dna e la natura connessa dei processi produttivi – aggiunge l’ad di BasicNet –. Su altri fronti abbiamo introdotto cambiamenti: né io né Boglione pensiamo di essere infallibili o di avere bacchette magiche. Superga è un caso emblematico: per circa due anni abbiamo lavorato alla riqualificazione dei punti vendita, tagliando grossisti che diminuivano il valore del brand. La prima conseguenza è stata una perdita di fatturato, ma ora vendiamo di più in negozi monomarca o multimarca di grande qualità. Non dico che siamo diventati una sneaker di lusso, ma quasi. Insieme al posizionamento, per questi prodotti, si alzano i margini». Sul secondo semestre e sulla prima metà del 2019 Crespi e Boglione sono ottimisti: gli ordini per la primavera-estate del prossimo anno sono già stati raccolt, con crescite a due cifre per tutti i brand. «Gioca a nostro favore l’equilibrio tra mercati – aggiunge Crespi –. L’export ha superato l’80%, siamo presenti in 130 Paesi. Un calo o addirittura una crisi in un’area è compensata dal buon andamento in un’altra. Non posso prevedere come si evolverà la situazione in Turchia o in Medio Oriente. Né faccio ipotesi sulle guerre commerciali tra Stati Uniti e Cina ed Europa. Ma resto positivo:l’indebitamento finanziario si è ridotto a 57,2 milioni rispetto ai 61,5 del 31 dicembre 2017, dall’inizio dell’anno il titolo ha guadagnato quasi il 10% e prosegue il buy back. Nel semestre si sono acquistate azioni proprie per 1,6 milioni e pagato dividendi per 3,3 milioni.».

Crespi non vorrebbe quasi citarli, gli ulteriori fattori che spingono a una visione positiva del futuro a breve e medio di BasciNet. Ma poi lo fa. «L’arrivo di Ronaldo a Torino, il circolo virtuoso che ha innescato nella serie A; le Olimpiadi di Tokyo del 2020 e quelle invernali del 2022 a Pechino; l’obiettivo del presidente Xi Jinping di far diventare la nazionale cinese di calcio la più forte al mondo entro il 2025, massimo 2030. E ancora: i successi italiani in sport considerati minori, come nuoto e atletica e l’avvicinarsi della Coppa America di vela. BasicNet è pronta – conclude Crespi –. Investiremo in sponsorship tecniche, di immagine e soprattutto trasferiremo nelle collezioni di tutti i marchi lo spirito dello sport, dell’aria aperta, della voglia di vivere e, naturalmente, del vestire comodi».

 

    di Giulia Crivelli

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